Scoperte cellule staminali nel nervo ottico : speranza per la cura del glaucoma?

Un team guidato da Steven Bernstein, professore del Dipartimento di Oftalmologia e Scienze Visive dell’Università del Maryland, ha isolato per la prima volta cellule staminali nel nervo ottico. Questo risultato apre nuove possibilità per arrivare a curare malattie come il glaucoma.

In questo studio, pubblicato su PNAS, i ricercatori parlano di “cellule progenitrici neurali” presenti nel tessuto del nervo ottico. Si tratta di cellule che restano in questa collocazione per anni. Esse hanno principalmente un ruolo di sostegno per le fibre nervose che avvolgono il nervo ottico. Sono cellule fondamentali, in caso fossero ridotte, le fibre del nervo ottico perderebbero consistenza e inizierebbero a deteriorarsi facilmente.

I ricercatori affermano che la presenza di queste cellule apre ad eventuali nuovi trattamenti per la riparazione dello stesso nervo ottico.

Fonte : https://www.pnas.org/content/early/2020/07/27/2001858117

Degenerazione maculare legata all’età

Cos’è?

La degenerazione maculare, detta anche DMLE, oppure AMD in inglese (Age-related macular de generation), è una comune malattia dell’occhio che si può presentare nella terza età, più frequentemente dopo i 50 anni. In seguito al danneggiamento di quella parte di retina denominata macula si ha perdita della visione centrale.

La macula

Scansione OCT della macula

La macula è una piccola parte della retina e si trova centralmente nella parte posteriore del globo oculare. Essa è la struttura che serve a formare la parte centrale della visione, quella più nitida e più dettagliata.

Esistono principalmente due forme di degenerazione maculare legata all’età

La forma iniziale non comporta importanti alterazioni visive, ma può evolvere in due forme avanzate che possono essere invalidanti.

Immagini del fondo oculare normale, maculopatia legata all’età “umida” (essudativa) e maculopatia legata all’età “secca”

Una forma di maculopatia detta secca che evolve lentamente verso l’atrofia, l’assottigliamento e la perdita di funzione della macula. L’altra forma umida detta essudativa si manifesta bruscamente con fuoriuscita di sangue e liquido da capillari anomali neoformati.

Fattori di rischio

I fattori di rischio della DMLE sono

  • una predisposizione genetica (fattori genetici)
  • il fumo di sigaretta
  • l’obesità
  • l’ipertensione
  • le malattie cardio-vascolari
  • l’esposizione eccessiva alla luce solare
  • il colore chiaro degli occhi
  • la dieta ad alto contenuto di grassi
  • il consumo di alcolici.

Manifestazioni cliniche

I principali sintomi sono costituiti da :

  • visione distorta
  • visione distorta ed offuscata (soprattutto al centro delle immagini)
  • le linee dritte sembrano ondulate
  • comparsa di un’area scura
  • per la lettura è richiesta più luce
  • gli oggetti appaiono falsati
  • i colori appaiono poco nitidi o imprecisi.

Esami diagnostici

Esistono diversi esami mirati per effettuare una diagnosi di DMLE; uno dei primi esami è l’esame oftalmoscopico, con l’utilizzo di un apposito strumento l’oculista  può esaminare il fondo dell’occhio e la macula. L’esame angiografico, che studia la circolazione dell’occhio grazie anche ad alcuni coloranti, permette di mettere in evidenza nuovi vasi formati e valutare se e quando dovranno essere trattati. Soprattutto nella forma secca è utile una tecnica fotografica senza mezzo di contrasto, l’esame in autofluorescenza ed è molto meno invasivo.

L’OCT (Tomografia a coerenza ottica) è un esame utile e rivoluzionario misura lo spessore della retina consentendo di valutare un eventuale “gonfiore” (edema) causato dalla DMLE umida, oppure un assottigliamento nella forma secca.

Un esame che può essere ripetuto a casa per valutare l’eventuale progressione della malattia è il Test di Amsler.

Terapia

Una terapia specifica per la forma secca della DMLE non esiste, studi recenti hanno dimostrato l’utilità dell’impiego di preparati anti-ossidanti e vitaminici nel rallentare l’evoluzione.

Mentre per la forma umida esistono varie terapie :

  • la fotocoagulazione mediante laser
  • la terapia fotodinamica (PDT) trattamento laser reso più selettivo grazie all’uso di un farmaco sensibilizzante iniettato endovena
  • la terapia intravitreale prevede l’iniezione ripetuta nell’occhio (nel vitreo) di preparati capaci di ostacolare processi essudativi.

Cheratocono

Il cheratocono è una malattia degenerativa conseguente ad una minore rigidità strutturale della cornea. Si manifesta nell’infanzia o nella pubertà e progredisce in buona parte dei casi fino ai 35-40 anni, in alcuni soggetti può progredire oltre questo range di età; è quasi sempre bilaterale. Consiste in un progressivo sfiancamento del tessuto che si assottiglia e si estroflette all’apice assumendo la forma di un cono. L’incidenza riportata in letteratura è di 1 caso ogni 2000 persone nella popolazione generale, anche se, secondo statistiche più recenti, tali valori appaiono significativamente sottostimati.

Sintomatologia

I sintomi sono rappresentati dalla fotofobia e da una progressiva e significativa riduzione della qualità visiva con distorsione dell’immagine sostenuta dapprima dall’aumento dell’astigmatismo miopico (che diviene sempre più irregolare) e poi dallo sviluppo delle opacità del cono; siccome l’apice del cono è eccentrico, il paziente utilizza la porzione centrale risparmiata e tende ad evitare le distorsioni maggiori delle immagini e i circoli di diffusione, fessurando la  rima palpebrale.

Una diagnosi tempestiva è fondamentale per contrastare o fermare il cheratocono prima che raggiunga stadi di sviluppo preoccupanti.

Diagnosi strumentale

Per la diagnosi di cheratocono abbiamo a disposizione diversi esami che ci permettono di individuare la malattia ancora prima della comparsa dei sintomi:

  • La tomografia corneale, che studia curvatura, elevazione e spessore della cornea a più livelli, ci permette di smascherare anche le forme più lievi di ectasia corneale e documentarne l’evoluzione;
  • La topografia corneale che consente di ottenere una mappa di curvatura e una mappa altitudinale della superficie corneale anteriore;
  • La pachimetria che permette di misurare lo spessore della cornea e, grazie ad una mappa che evidenzia lo spessore corneale in ogni suo punto, di individuare e localizzare il punto più sottile.

La cura dipende dagli stadi di evoluzione della malattia.

Terapia in base alla stadiazione

Nel primo stadio, trovandosi di fronte solo ad una leggera iniziale deformazione della cornea può essere sufficiente l’utilizzo delle lenti correttive con controlli oculistici frequenti, in caso di progressione si può effettuare il cross-linking, il quale viene utilizzato per bloccare il cheratocono e consiste nella fotopolimerizzazione delle fibrille dello stroma corneale, alterato in questa malattia, con lo scopo di aumentarne la rigidità e la resistenza allo sfiancamento della cornea; ciò si ottiene grazie all’azione combinata di una sostanza fotosensibilizzante (riboflavina o vitamina B2) e fotoassorbente con l’irraggiamento mediante luce ultravioletta da illuminatore in stato solido di tipo UVA.

Nel secondo e nel terzo stadio lo sfiancamento della cornea è maggiore per cui gli occhiali possono non essere sufficienti e bisogna ricorrere quindi all’uso di lenti corneali a contatto o ad interventi non molto invasivi come:

  • il cross-linking;
  • l’inserzione di anelli intrastromali, che sono elementi di materiale sintetico che inseriti nello spessore della cornea tendono a regolarizzarne la superficie migliorando la capacità visiva;
  • la cheratoplastica lamellare è un trapianto parziale di cornea, per cui si sostituisce parte di cornea malata con tessuto sano proveniente da donatore.

Nel quarto stadio, trovandosi di fronte ad una esagerata deformazione della cornea con concomitante suo assottigliamento, perdita di trasparenza e drastica riduzione del visus, la strada percorribile è il trapianto corneale.

Glaucoma: cos’è ?

Epidemiologia

Il glaucoma costituisce una delle principali cause di cecità irreversibile. Colpisce circa 90 milioni di persone al mondo, il 10% in Europa. In Italia l’incidenza del Glaucoma ad Angolo Aperto (GPAA) è del 2%. La GPAA comprende il 60-70% circa di tutti i glaucomi, ed è quindi la forma più frequente.

Definizione

Il glaucoma è una malattia neurodegenerativa di tipo multifattoriale con alterazioni tipiche della testa del nervo ottico e dello strato delle fibre nervose, associate spesso (quindi non sempre) ad una pressione intraoculare (PIO) elevata, la quale rappresenta il maggiore fattore di rischio. La pressione intraoculare non è la pressione del sangue nell’occhio, ma la pressione interna dell’occhio, regolata da un liquido che si chiama umor acqueo. Generalmente colpisce entrambi gli occhi ma di solito non con la stessa gravità.

Il Glaucoma Primario ad Angolo Aperto decorre quasi sempre senza che il paziente si accorga di nulla. Spesso la prima diagnosi (sospetto di glaucoma) si evidenzia durante un controllo specialistico effettuato per altri motivi.

Il glaucoma ha un decorso insidioso senza sintomatologia, determina un aumento progressivo e non improvviso della pressione oculare. Si evidenzia con graduali difetti del campo visivo e alterazione a carico della testa del nervo ottico.

Esami diagnostici

Gli esami necessari per la conferma della diagnosi della malattia e per valutare l’andamento comprendono sia esami funzionali che esami morfometrici.

  • Tonometria consiste nel misurare la pressione intraoculare (tono oculare) utilizzando lo strumento detto tonometro. Verifica la pressione interna dell’occhio.
  • Esame del campo visivo (perimetria) è un esame funzionale che valuta quanta porzione dello spazio che ci circonda un occhio riesca a percepire.
  • OCT- HRT- GDX sono degli esami morfometrici fondamentali che valutano la struttura del nervo ottico e la conformazione delle fibre nervose retiniche che formano il nervo ottico.

Il GPAA è una malattia grave che, se non curata, può portare negli anni alla cecità.

Terapia

L’obiettivo della terapia del glaucoma è quello di preservare la visione centrale e la maggior ampiezza possibile del campo visivo, quindi mantenere una buona qualità di vita. 

Si utilizzano colliri ipotonizzanti, da instillare tutti i giorni e per tutta la vita, affinché la pressione intraoculare sia controllata costantemente nelle 24h. Utile associare ai colliri ipotonizzanti altri trattamenti anche per via orale, con l’obiettivo di neuro-protezione.

Quando necessario si può ricorrere a procedure para-chirurgiche (SLT) e chirurgiche (interventi filtranti, impianti di valvole).

Diabete ed Occhi : La Retinopatia Diabetica

La Retinopatia Diabetica (RD) è la principale causa di cecità nel mondo industrializzato in soggetti con un’età tra i 20 e i 64 anni, ed è considerata la complicanza più frequente e la più importante del diabete mellito.

È causata da un danno ai vasi sanguigni della retina. Può svilupparsi in tutti coloro che soffrono di diabete di tipo 1 e di diabete di tipo 2. Nei pazienti che hanno il diabete da molti anni e nei casi in cui il glucosio nel sangue è stato controllato male per molto tempo, il rischio è più probabile.

Sintomatologia

I sintomi della Retinopatia Diabetica sono:

  • macchie o fili scuri che galleggiano davanti agli occhi (miodesopsie)
  • vista offuscata
  • aree scure e perdita dell’acutezza visiva
  • ipovisione
  • difficoltà nella percezione dei colori
  • cecità

Diagnosi

Le metodiche per la diagnosi di retinopatia diabetica sono:

  • Foto a colori del fondo, eseguita con il retinografo;
  • Fluorangiografia retininica, se vi sono segni di retinopatia diabetica prolieferante per definire la presenza di aree ischemiche.
  • OCT permette di studiare in dettaglio la macula e il nervo ottico
  • Ecografia oculare in caso di emovitreo.

Classificazione

Esistono due tipi di retinopatia diabetica. La Retinopatia diabetica precoce conosciuta anche come Retinopatia diabetica non proliferante (NPDR) può essere: lieve, moderata o severa. Con l’avanzare della malattia le pareti dei vasi sanguigni si indeboliscono e si formano microaneurismi, piccoli rigonfiamenti che danneggiandosi danno vita a sanguinamenti. C’è poi il rischio che si formi un accumulo di liquido (edema) nella parte centrale della retina (macula) che causa riduzione della vista.

La Retinopatia diabetica proliferante (PDR) o avanzata è il tipo più grave perché coincide con la crescita anomala di nuovi vasi sanguigni nella retina. I neovasi sono stimolati anche dalla formazione di aree ischemiche nella retina. In seguito può apparire una reazione fibrovascolare con formazione di membrane che possono penetrare nel vitreo, provocare una trazione retinica e un distacco della retina. Nei casi più gravi vi può essere l’insorgenza di un glaucoma neovascolare.

Prevenzione

E’ molto importante la prevenzione, costituita da un attento controllo metabolico e, soprattutto, da uno screening regolare. Il controllo metabolico è responsabilità del medico di base e del diabetologo che, mediante una terapia medica appropriata (antidiabetici orali o insulina) debbono lavorare in stretto rapporto con l’oftalmologo.

Terapia

Il trattamento della retinopatia diabetica prevede diverse opzioni che sono fortemente correlate allo stadio della malattia. È importante sottolineare che il controllo dell’assetto glicemico rappresenta un valido aiuto alla condizione oculare. Quindi la terapia medica consiste essenzialmente nel controllo dietetico dei glucidi e nella somministrazione di ipoglicemizzanti orali e/o di insulina.

Nei pazienti che presentano edema maculare può essere utile l’utilizzo, mediante iniezione intravitreale, di cortisone o di anti-VEGF.

La terapia laser fotocoagulativa  (focale, griglia maculare, panretinica) rappresenta un importante opzione terapeutica per contrastare l’insorgenza di aree ischemiche, la formazione dell’edema maculare e dei neovasi, nonché l’evoluzione verso la forma proliferante.

Esiste oggi la possibilità importante di fotostimolare la retina con un nuovo ed innovativo laser micropulsato che aiuta la componente metabolica della retina a riassorbire l’edema retinico e ridurre la liberazione di fattori di crescita per i neovasi, ostacolando la progressione della malattia. La fotostimolazione a differenza della fotocoagulazione non causa danno termico al tessuto retinico.

In ultima analisi esiste la scelta terapeutica della chirurgia che è destinata agli stadi avanzati della patologia complicata da emovitreo di lunga durata, distacco di retina trazionale o trazionale-regmatogeno.

Come appare il mondo ad una persona daltonica?

Visione normale dei colori

La discromatopsia è un’incapacità di percepire i colori, totale o parziale. Spesso conosciuta come daltonismo, in nome del chimico inglese, John Dalton, che nel 1794, dopo essersi reso conto della propria cecità cromatica, la descrisse nell’articolo scientifico “Fatti straordinari legati alla visione dei colori“. È un difetto di natura prevalentemente genetica legato al cromosoma X. Tuttavia i deficit di sensibilità cromatica possono essere anche acquisiti, ad esempio dovuti ad un danno agli occhi o al cervello. In questo caso possono colpire un solo occhio oppure entrambi.
Inoltre patologie come la cataratta, la maculopatia o le otticopatie possono portare in alcuni casi ad una lieve alterazione della sensibilità dei colori.

Esistono diversi tipi di discromatopsia. I più diffusi sono dovuti ad alterazioni ereditarie dei coni, i fotorecettori sensibili ai colori, ma è anche possibile diventare discromatopsici in seguito a un danneggiamento della retina, del nervo ottico o di determinate aree della corteccia cerebrale.

Si definisce dicromatismo quando è completamente assente la funzione di una sola delle tre varietà di coni. Si distinguono:

  • protanopia, cecità per il colore rosso;
  • deuteranopia, cecità per il colore verde;
  • tritanopia, cecità per il colore blu.

Quando si ha la mancanza di tutti e tre i coni si parla di acromatopsia.

Si definisce tricromatismo anomalo quando c’è un deficit variabile dei recettori di uno dei tre colori fondamentali, che determina una ridotta capacità di riconoscere uno dei 3 colori fondamentali ovvero:

  • protanomalia, qualora sia deficitaria la sensibilità per il rosso;
  • deuteranomalia, qualora sia deficitaria la sensibilità per il verde;
  • tritanomalia, qualora sia deficitaria la sensibilità per il blu.

La diagnosi viene eseguita mediante un esame cromatico del riconoscimento dei colori. Spesso vengono utilizzate le tavole di Ishihara che consistono nel riconoscere i numeri che tendono a confondersi con lo sfondo colorato; per i test rivolti ai bambini i numeri sono sostituiti con un disegno o un percorso. Per approfondire maggiormente, si può effettuare il test di Farnsworth, che consiste nel mettere nella corretta successione tonale una serie di colori.

Tavola di Ishihara n.8

Inoltre sono state elaborate delle applicazioni per dispositivi elettronici come telefoni cellulari o tablet, che possono rivelare eventuali difetti nella percezione cromatica. Tuttavia tale verifica non ha un valore diagnostico preciso: è sempre necessario, per una corretta diagnosi, rivolgendosi ad un medico oculista.

Visual Snow Syndrome

Visione Normale e Visione della Neve Visiva*

La Visual Snow Syndrome è una condizione per cui alcune persone vedono puntini bianchi e neri (definita “neve visiva” da qui il nome in inglese) in una parte o nell’intera area del loro campo visivo, simile all’immagine che si ha quando la vecchia televisione (con il tubo catodico) è mal sintonizzata sul canale. Talvolta i piccoli puntini sono di colore nero-grigio su sfondo bianco oppure grigio-bianco su sfondo nero. Raramente sono descritti come puntini trasparenti, puntini lampeggianti bianchi, o puntini colorati. Di solito il problema è sempre presente e può durare per anni. Uno studio del 2010 di Raghaven et al. ipotizza che ciò che i pazienti vedono come “neve”, sia in realtà il loro “rumore visuale” intrinseco. Molti riferiscono maggiormente questo effetto in condizioni di scarsa luminosità.

Sono stati condotti studi per analizzare meglio tale condizione e i soggetti, oltre a descrivere in dettaglio la “visual snow”, avevano anche altri sintomi in comune . Perciò sono stati descritti i caratteri di tali sintomi :

  • Palinopsia è la visione di un immagine anche quando questa è scomparsa. Ne esistono due tipi :
    Trailing – gli oggetti che si muovono nel campo visivo lasciano una “scia”;
    After image – l’immagine scomparsa (uscita repentinamente dal campo visivo) persiste nel campo visivo nella precedente posizione.
  • Fenomeni entoptici
    • Miodesopsie o mosche volanti: macchie o striscie dovute ad una non perfetta trasparenza dell’umor vitreo all’interno dell’occhio.
    • Fenomeno entopico del campo blu: numerosi puntini o piccoli cerchi di colore grigio / bianco / nero o anelli che si muovono nel campo visivo in entrambi gli occhi quando si guarda superfici luminose omogenee, come il cielo blu. Essi si spostano rapidamente lungo linee ondulate nel campo visivo, soprattutto quando si guarda un blu lucente come quello del cielo.
    • Fotopsie: percezione di lampi di luce nel campo visivo.
    • Fosfeni : fenomeno di vedere la luce senza che la luce effettivamente penetri nell’occhio.
  • Fotofobia: aumentata sensibilità o fastidio per le luci.
  • Nictalopia: compromissione della visione notturna.

Emicrania ed emicrania con aura sono condizioni comuni associate che a volte possono peggiorare il quadro sintomatologico visivo. Al momento non si conoscono le cause. Però si può affermare che i pazienti presentano un esame dell’occhio normale, una TC e una RMN encefalo nella norma.
Purtroppo visto che la prima descrizione sistematica di questa sindrome è molto recente, appare quindi chiaro come non vi sia stato ancora il tempo per eseguire studi che possano darci spiegazione univoca su questo fenomeno. Non vi è un trattamento stabilito. È difficile risolvere il disturbo della visual snow con dei trattamenti, ma è possibile ridurne i sintomi e migliorare la qualità della vita di chi ne è affetto.

FONTE *: Neurology. 2020 Feb 11; 94(6): e564–e574.

Gli occhi e il Coronavirus : cosa sapere

Cos’è il CoronaVirus?

Il Corona-Virus, Virus di cui stiamo continuamente sentendo parlare, si chiama Sars-CoV-2, fa parte del genere Betacoronavirus (famiglia dei Coronaviridae) e si tratta del settimo coronavirus riconosciuto in grado di infettare esseri umani.

Esso determina una sindrome definita COVID-19 (abbreviazione di COronaVIrus Disease-2019), una malattia polmonare con entità variabile da lieve a grave. Le persone che sono esposte al coronavirus possono presentare sintomi da 2 a 14 giorni dopo l’esposizione. Questi sintomi possono includere febbre, tosse ed affanno. Alcune persone possono sviluppare la polmonite e ammalarsi gravemente o morire per complicanze legate al coronavirus.

In che modo può il CoronaVirus colpire i tuoi occhi?

La prima cosa da dire è che il coronavirus può diffondersi attraverso gli occhi, proprio come avviene attraverso la bocca o il naso. Quando qualcuno affetto da Covid-19 tossisce, starnutisce o parla, le particelle di virus dalla sua bocca o dal suo naso possono raggiungere il viso di qualche altro soggetto. Quindi respirerando queste goccioline (droplet) attraverso la bocca o il naso avviene il contagio. Ma le goccioline possono anche entrare nel tuo corpo attraverso i tuoi occhi. Puoi anche essere contagiato toccando gli occhi dopo aver toccato oggetti o superfici che hanno il virus su di esso. Potrebbe essere possibile che il coronavirus causi un’infezione agli occhi (congiuntivite), sebbene ciò è estremamente raro. Se pensi di avere la congiuntivite, non farti prendere dal panico. Chiama semplicemente l’oculista per farglielo sapere e seguire le istruzioni per la cura.

Quando recarsi dall’oculista

Potresti sentirti nervoso quando vai in uno studio medico in questo periodo. Puoi essere certo che il tuo oculista, come tutti i professionisti medici, segue linee guida igieniche e di disinfezione molto rigide. Gli oftalmologi sono disponibili per trattare problemi oculari urgenti, effettuare iniezioni oculari e fornire cure critiche.

Chiamare al più presto il tuo oculista nelle seguenti situazioni:

• Hai degenerazione maculare o retinopatia diabetica

• Noti cambiamenti nella tua vista (come punti sfocati, ondulati o vuoti nel tuo campo visivo)

• Hai una lesione oculare

• Noti “mosche volanti” (miodesopsie) o lampi (fosfeni) nella tua visione

• Improvvisamente perdi un po’ di vista

• Hai dolore agli occhi, mal di testa, occhi rossi, nausea e vomito

Che cambiamenti ci saranno

L’ oculista lavorerà per proteggere la salute dei pazienti durante la pandemia di coronavirus. Aspettati cambiamenti :

• Ti potrà chiedere di aspettare fuori, o in macchina, invece che nella normale sala d’attesa. Questo per proteggere te e gli altri pazienti da possibili esposizioni al virus e di evitare affollate aree di attesa

• Sta probabilmente limitando il numero di persone che entrano. Se non hai bisogno di qualcuno che sia lì con te, ti preghiamo di non portare nessuno all’appuntamento.

• Il tuo oculista può utilizzare uno speciale scudo respiratorio di plastica sulla lampada a fessura che usa per guardarti negli occhi. Può anche indossare una maschera con uno scudo di plastica sugli occhi

• Può chiederti di aspettare di parlare fino al termine dell’esame degli occhi. Quindi può parlare con te e rispondere alle domande quando può trovarti a una distanza di sicurezza da te.

• Alcune pratiche possono essere svolte utilizzando la telemedicina per visite “virtuali” al telefono o chat su un computer.

Salvaguardare i propri occhi durante questo stato di emergenza sanitaria

La protezione degli occhi, nonché di mani, naso e bocca – può rallentare la diffusione del coronavirus.

Ecco alcuni modi in cui puoi mantenere gli occhi sicuri e sani durante questo periodo : se indossi lenti a contatto, prova a passare agli occhiali per un po’. I portatori di lenti a contatto toccano gli occhi in media più di una persona non portatrice. Prendi in considerazione di indossare gli occhiali più spesso, soprattutto se tendi a toccare molto gli occhi. Sostituire gli occhiali con le lenti può ridurre l’irritazione degli occhi e possono essere una barriera che ti ricorda di non toccare gli occhi. Se è necessario indossare le lenti a contatto, assicurati di pulirli e disinfettarli esattamente come raccomandato dall’oculista. L’uso degli occhiali può aggiungere uno strato di protezione. Occhiali correttivi o occhiali da sole possono proteggere gli occhi da goccioline respiratorie infette. Ma tieni presente che non forniscono sicurezza al 100%. Il virus può ancora raggiungere i tuoi occhi da lati aperti, parte superiore e parte inferiore degli occhiali. Per una migliore protezione, è necessario utilizzare occhiali di sicurezza se ti prendi cura di un paziente malato o di una persona potenzialmente sospetta. Evita di strofinarti gli occhi. Può essere difficile rompere questa abitudine naturale, ma in tal modo ridurrai il rischio di infezione. Se senti prurito e il bisogno di strofinare gli occhi o persino di regolare gli occhiali, usa un fazzoletto al posto delle dita. Gli occhi asciutti possono portare a più sfregamenti, quindi considera di aggiungere gocce idratanti . Se è necessario toccare gli occhi per qualsiasi motivo, anche per somministrare colliri per gli occhi, lavarti le mani prima con acqua e sapone per almeno 40 secondi. Quindi lavali di nuovo dopo aver toccato gli occhi.

Quindi…

Usa il buon senso per rimanere in salute. Lavati molto le mani. Segui una buona igiene delle lenti a contatto. Evita di toccare o sfregare naso, bocca e occhi.

Fonte : American Accademy of Ophthalmology – https://www.aao.org/Assets/6d7c9a1a-9242-4326-a75d-9c6c9a827594/637208545943870000/coronavirus-and-your-eyes-pdf?inline=1

Nuove strategie terapeutiche nel Glaucoma: la Neuroprotezione

La terapia del glaucoma si è avvalsa quasi esclusivamente della riduzione della pressione oculare; esistono però, almeno potenzialmente, altre forme di trattamento come quella diretta alla protezione delle cellule ganglionari, definita neuroprotezione. Se da un lato le rinnovate conoscenze hanno messo in evidenza una serie di analogie tra il glaucoma ed altre patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, il Parkinson o la sclerosi laterale amiotrofica; dall’altra nasce la necessità di ricercare altre terapie disponibili, soprattutto per alcuni pazienti. Tutto questo non significa che la terapia ipotonizzante non serva più, anzi continua ad essere il gold standard ma c’è la necessità di affiancare anche una terapia basata sulla neuroprotezione, utilizzando molecole che agiscono prevenendo il danno neuronale a livello di retina e nervo ottico con meccanismi d’azione che sono indipendenti dal controllo della pressione dell’occhio. Negli ultimi anni un rilevante interesse scientifico è stato rivolto all’individuazione dei processi patologici alla base della morte neuronale nel glaucoma e sono state individuate numerose potenziali molecole in grado di bloccare gli eventi neurodegenerativi indotti dalla malattia, però allo stato attuale la loro reale efficacia sull’uomo è ancora oggetto di approfondimento.

La neuroprotezione rappresenta un’opportunità in più per prevenire più efficacemente questa malattia. La riduzione della pressione intraoculare non è sufficiente a prevenire l’insorgenza del glaucoma in tutti i soggetti a rischio e non riesce ad arrestarne la progressione in tutti i soggetti già malati. Sono, quindi, necessarie altre strategie terapeutiche come la neuroprotezione che, affiancate alla riduzione della pressione intraoculare e agendo direttamente sulla cellula neuronale, siano in grado di contrastare la progressiva morte cellulare.

Tra le varie sostanze il Coenzima Q10 (ubiquinone) è considerato una delle molecole più promettenti. Molecola simile ad una vitamina, è presente nel mitocondrio, essa partecipa al metabolismo deputato alla produzione di energia dentro la cellula e partecipa anche alla rimozione dei radicali liberi. C’è da dire che il coenzima Q10 potrebbe avere una specifica azione anti-apoptotica legata alla sua capacità di inibire l’apertura del poro di permeabilità del mitocondrio. Alcuni studi clinici hanno dimostrato che esercita un’attività neuroprotettiva .

Coenzima Q10

Il coenzima Q10 è oggi riconosciuto dalla comunità scientifica come un valido e possibile approccio di supporto alle terapie esistenti nel contrastare i complessi meccanismi di danno neuronale causati dal glaucoma.

Fonte : Evidence on neuroprotective properties of coenzyme Q10 in the treatment of glaucoma; Alessio Martucci and Carlo Nucci, Neural Regen Res. 2019 Feb;14(2):197-200.

Quel fastidioso tremore della palpebra…

La spiacevole sensazione della palpebra che balla è abbastanza frequente, in genere monolaterale, può coinvolgere sia la palpebra superiore sia quella inferiore; essa è dovuta a una fibrillazione di uno dei muscoli della palpebra. Spesso questo tremore allarma il paziente, ma raramente è sinonimo di un disturbo preoccupante. La palpebra che trema è una mioclonia, cioè una serie di contrazioni muscolari involontarie ed intermittenti, causata da uno stato di ipereccitazione neuronale. Le mioclonie palpebrali (miochimie) possono durare da pochi secondi a qualche ora.

Questa iper-stimolazione dipende da vari motivi. Generalmente, una palpebra che trema può essere segno di eccessivo affaticamento, stress e carenza di sonno, pertanto non deve eccessivamente allarmare chi ne soffre. Qualora la manifestazione divenisse particolarmente frequente, però, è consigliabile rivolgersi ad un medico oculista per gli opportuni accertamenti.

Le possibili cause sono diverse. Nella maggior parte dei casi, questo disturbo è transitorio e non ha alcun significato patologico, risultando associato a condizioni di stress e stanchezza. Tra i motivi più comuni rientrano anche la mancanza di sonno e l’eccessivo consumo di caffeina, alcol o nicotina. Può essere associata anche alla sindrome dell’occhio secco. Se il tremore delle palpebre coinvolge entrambi gli occhi, è invece possibile che alla base ci siano difetti della vista non corretti, alcuni disturbi visivi possono stimolare, infatti, l’ammiccamento e lo spasmo palpebrale. La palpebra che trema può anche essere un sintomo di certe patologie specifiche dell’occhio, tra cui infiammazioni della congiuntiva, delle palpebre e della cornea, in questi casi rivolgiti subito ad un oculista.

Raramente, questa manifestazione risulta associata a patologie neurologiche, a disturbi metabolici, ad effetti collaterali a farmaci.

Cause più comuni
– Carenza di sonno;
– Stress;
– Abuso di caffeina ed alcolici;
– Squilibri nutrizionali (carenze di potassio e magnesio);
– Affaticamento degli occhi dall’uso di computer, tablet e smartphone;
– Secchezza oculare;
– Allergie.

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