Linea di Hudson-Stahli

La linea Hudson–Stahli è una linea di deposizione di ferro situata al confine tra il terzo medio e quello inferiore della cornea, nell’epitelio corneale. Di solito ha uno spessore di circa 0,5 mm ed è lungo 1–2 mm.

La freccia gialla indica la linea di Hudson- Stahli

È generalmente orizzontale, con possibile leggera tendenza al ribasso nel mezzo. È presente normalmente nelle persone di età superiore ai 50 anni, ma sembra scomparire in una certa misura all’età di 70 anni.

Distrofia della membrana basale epiteliale

Nota anche come distrofia di Cogan o distrofia epiteliale microcistica o “Map-Dot Fingerprint” è la distrofia epiteliale più comune. Tale distrofia è causata dallo sviluppo anomalo della membrana basale dell’epitelio, che ha la funzione di supporto e ancoraggio dell’epitelio. Tale distrofia è caratterizzata da quantità anormali di membrana basale e detriti citoplasmatici che sono mal diretti nell’epitelio corneale. Clinicamente, i depositi anormali appaiono come opacità puntiformi, modelli simili a mappe o linee simili a impronte digitali a spirale nell’epitelio corneale. In molti pazienti, le lesioni epiteliali cambiano aspetto, posizione e numero nel tempo.

Sintomatologia

Poiché le cellule epiteliali non aderiscono perfettamente alla membrana determinando erosioni epiteliali recidivanti che, esponendo le terminazioni nervose del plesso sub-epiteliale, provocano dolore puntorio che compare in genere al risveglio. Altri sintomi sono l’aumentata sensibilità alla luce, calo della vista ed eccessiva lacrimazione. 

Diagnosi

Durante la visita oculistica, all’esame alla lampada a fessura si possono notare le lesioni epiteliali tipiche della distrofia e le alterazioni del film lacrimale evidenziabili con la fluoresceina.

Distrofia della membrana basale epiteliale

Terapia

La terapia è rappresentata da sostituti lacrimali o soluzioni iperosmolari, in caso di erosioni corneali ricorrenti si possono eseguire trattamenti parachirurgici come il trattamento con laser ad eccimeri per rimuovere irregolarità, tuttavia non garantiscono una soluzione definitiva.

Arco senile corneale

L’arco senile corneale, detto anche anche gerontoxon, è un anello bianco o grigio, presente sul margine corneale oppure un anello bianco posizionato di fronte alla periferia dell’iride.
Si presenta inizialmente come un arco spezzato e colorato solo attorno alla parte superiore o inferiore della cornea. Poi con il progredire del tempo, questa opacità anulare diventa un vero e proprio anello.

La freccia verde indica l’arco senile corneale

Associato al normale processo di invecchiamento tale fenomeno è considerato comune nelle persone anziane.

Vari studi hanno dimostrato che l’arco senile è più comune nei maschi e negli afroamericani.

L’arco si determina per depositi di colesterolo o ialinosi dello stroma corneale.

Però se tale anomalia si manifesta nei giovani, può essere correlata ad un alto livello di colesterolo e trigliceridi determinato da cause genetiche (es. ipercolesterolemia familiare).
L’arco senile può essere diagnosticato durante una visita oculistica.

Infiammazione della cornea : la cheratite

La cheratite è un’infiammazione della cornea, la parte anteriore trasparente del bulbo oculare, costantemente ricoperta dal film lacrimale.

I segni della cheratite sono considerati soggettivi fotofobia, blefarospasmo, sensazione di corpo estraneo, e/o oggettivi come iniezione pericheratica, congiuntivite peribulbare, infiltrati stromali e lesioni epiteliali.

Tipologie

Le cheratiti possono essere distinte in superficiali che, dopo la guarigione, generalmente non lasciano cicatrici, da quelle profonde, che possono lasciare porzioni di cornea non perfettamente trasparenti (leucoma corneale); se il leucoma è posizionato in prossimità dell’asse visivo principale può ridurre la capacità visiva.

Anche un’ulcera corneale può essere definita una forma di cheratite, con lesione che interessa l’epitelio e lo stroma sottostante (vedi immagine).

Immagine di un’ulcera corneale alla lampada a fessura. La freccia rossa mostra la lesione. La luce blu associata a colorazione con fluorescina evidenzia l’area di lesione che appare verde.

Cause

Le cheratiti possono essere causate da agenti fisici, chimici e biologici. Le più comuni dovute ad agenti fisici sono quelle da esposizione ai raggi ultravioletti, definita cheratite attinica. Per quelle da agenti chimici bisogna considerare le forme da acidi e da sostanze alcaline, generalmente più gravi; le più frequenti sono quelle da calce. Mentre le cheratiti da agenti biologici possono essere dovute a batteri, funghi, virus o protozoi. La diagnosi eziologica in questi casi può essere difficoltosa sulla base dei soli segni clinici, per cui nelle forme più gravi è necessario effettuare localmente prelievi per esami microbiologici e citologici.

Diagnosi

La diagnosi di una presunta cheratite ha inizio con l’anamnesi e successivamente, si procede con una valutazione oculare esterna, in cui l’oculista osserva l’aspetto degli occhi del paziente, la congiuntiva, le palpebre, la cornea e l’apparato lacrimale. Questo tipo di analisi viene effettuata con uno strumento chiamato lampada a fessura, costituito da una sorgente luminosa e da una lente d’ingrandimento, con l’ausilio di coloranti (vedi immagine).

Cornea verticillata

Cornea verticillata di paziente in terapia prolungata con amiodarone

La cornea verticillata, o cheratopatia vorticosa, rappresenta una condizione patologica corneale bilaterale, essa non compromette la vista. Caratterizzata dalla presenza di depositi corneali intra-epiteliali di particelle lipidiche di colore giallo-bruno che si distribuiscono con andamento a vortice sino alla cornea periferica. Talvolta il paziente può lamentare offuscamento visivo, abbagliamento, fotofobia e aloni intorno alle luci.

Le possibili cause

La cheratopatia vorticosa è comunemente associata ad una terapia prolungata con amiodarone (farmaco anti-aritmico) o alla malattia di Fabry (patologia rara dovuta a deficit dell’enzima alfa-galattosidasi A). Altre possibili cause possono essere l’esposizione a polvere di silicio (malattia professionale), le terapie di lungo corso con tamoxifene, idrossiclorochina, indometacina.

Degenerazione nodulare di Salzmann

Che cos’è?

La degenerazione nodulare di Salzamnn è una patologia della cornea caratterizzata da un accumulo di noduli bianco-azzurrognoli a livello della superficie corneale.

Si tratta di accumulo di materiale ialino, prevalentemente collagene addensato, a carico degli strati superficiali, tra epitelio e membrana di Bowman – stroma sottostante.

Casi clinici di degenerazione nodulare di Salzmann con Imaging AS-OCT

Come si presenta?

Colpisce più frequentemente le donne, esordisce intorno ai 50 anni, può essere bilaterale. Nelle fasi iniziali è spesso asintomatica, negli stadi più avanzati la presenza delle erosioni corneali ricorrenti domina il quadro clinico. La sintomatologia è caratterizzata da fotofobia, lacrimazione, blefarospasmo e diminuzione dell’acuità visiva. L’occhio non appare infiammato anche se i soggetti lamentano bruciori, sensazione di corpo estraneo e discomfort non ben definito.

Le cause probabili

Sia le cause che il percorso patogenetico non sono ancora del tutto chiare. I pazienti in genere riportano episodi di infiammazione ricorrenti della superficie oculare, traumi, tracoma, abuso di lenti a contatto, occhio secco, disfunzione delle ghiandole di Meibomio, allergie. Si presentano anche casi in cui la diagnosi è insidiosa, date le somiglianze con patologie di natura e prognosi ben diversa.

Trattamento

I disturbi da erosione dei casi lievi possono essere gestiti con lubrificanti topici (lacrime artificiali), antibiotici e lenti a contatto terapeutiche.

Nei casi più avanzati è possibili effettuare un trattamento chirurgico come la cheratectomia superficiale (clivaggio dei noduli con una spatolina) o anche la cheratectomia fototerapeutica (PTK), una procedura sviluppata con il laser ad eccimeri che ha lo scopo di levigare e regolarizzare la superficie della cornea. Le recidive in genere avvengono dopo 5 anni nel 20% dei casi.

Corpi estranei corneali

I corpi estranei nella cornea causano abrasioni, che provocano dolore e arrossamento, inoltre possono determinare infezioni.

Corpo estraneo metallico corneale con alone di ruggine

Sintomi

I corpi estranei possono causare dolore, lacrimazione e la sensazione di avere qualcosa nell’occhio. Di solito provocano arrossamento oculare, talvolta, anche gonfiore dell’occhio e delle palpebre. In questi casi la vista può essere offuscata, mentre la presenza di luce può provocare spasmi dolorosi al muscolo che contrae la pupilla.

Una pronta diagnosi e un trattamento adeguato dei corpi estranei possono prevenire l’insorgenza di un’infezione.

Rimozione corpo estraneo metallico – Studio Oculistico Mellace

Trattamento

In presenza di corpi estranei corneali bisogna procedere alla rimozione. Prima di intervenire, la superficie oculare viene di solito desensibilizzata con l’instillazione di un collirio anestetico. Per mezzo di una lampada a fessura o di altri strumenti di ingrandimento si possono rimuovere corpi estranei dalla superficie dell’occhio. Spesso il corpo estraneo può essere eliminato con un bastoncino cotonato inumidito e sterile o tramite irrigazione con una soluzione sterile. Corpi estranei non facilmente rimovibili con un tampone possono essere allontanati senza dolore con un ago sterile ipodermico o tramite speciali strumenti.

In caso di corpo estraneo metallico, dopo averlo rimosso, può restare un anello di ruggine, che può essere rimosso con un ago sterile ipodermico o con una speciale fresa sterile.

A volte il corpo estraneo rimane intrappolato sotto la palpebra superiore, in questo caso la palpebra deve essere ripiegata internamente per asportarlo. Si può anche strofinare con delicatezza un tampone di cotone sterile all’interno della palpebra per rimuovere eventuali minuscole particelle invisibili.

Dopo l’asportazione del corpo estraneo, se è di natura metallica, può essere utile il bendaggio oculare. Il trattamento medico è costituito da una pomata antibiotica da applicare per alcuni giorni per evitare le infezioni. In caso di sensibilità alla luce, la pupilla può essere mantenuta dilatata con un collirio cicloplegico per evitare spasmi dolorosi dei muscoli che costringono la pupilla. Il dolore può essere trattato con farmaci anti-dolorifici per via orale.

Bisogna ricordare che l’utilizzo di occhiali protettivi in caso di lavori a rischio evita questo tipo di situazione.

Cheratocono

Il cheratocono è una malattia degenerativa conseguente ad una minore rigidità strutturale della cornea. Si manifesta nell’infanzia o nella pubertà e progredisce in buona parte dei casi fino ai 35-40 anni, in alcuni soggetti può progredire oltre questo range di età; è quasi sempre bilaterale. Consiste in un progressivo sfiancamento del tessuto che si assottiglia e si estroflette all’apice assumendo la forma di un cono. L’incidenza riportata in letteratura è di 1 caso ogni 2000 persone nella popolazione generale, anche se, secondo statistiche più recenti, tali valori appaiono significativamente sottostimati.

Sintomatologia

I sintomi sono rappresentati dalla fotofobia e da una progressiva e significativa riduzione della qualità visiva con distorsione dell’immagine sostenuta dapprima dall’aumento dell’astigmatismo miopico (che diviene sempre più irregolare) e poi dallo sviluppo delle opacità del cono; siccome l’apice del cono è eccentrico, il paziente utilizza la porzione centrale risparmiata e tende ad evitare le distorsioni maggiori delle immagini e i circoli di diffusione, fessurando la  rima palpebrale.

Una diagnosi tempestiva è fondamentale per contrastare o fermare il cheratocono prima che raggiunga stadi di sviluppo preoccupanti.

Diagnosi strumentale

Per la diagnosi di cheratocono abbiamo a disposizione diversi esami che ci permettono di individuare la malattia ancora prima della comparsa dei sintomi:

  • La tomografia corneale, che studia curvatura, elevazione e spessore della cornea a più livelli, ci permette di smascherare anche le forme più lievi di ectasia corneale e documentarne l’evoluzione;
  • La topografia corneale che consente di ottenere una mappa di curvatura e una mappa altitudinale della superficie corneale anteriore;
  • La pachimetria che permette di misurare lo spessore della cornea e, grazie ad una mappa che evidenzia lo spessore corneale in ogni suo punto, di individuare e localizzare il punto più sottile.

La cura dipende dagli stadi di evoluzione della malattia.

Terapia in base alla stadiazione

Nel primo stadio, trovandosi di fronte solo ad una leggera iniziale deformazione della cornea può essere sufficiente l’utilizzo delle lenti correttive con controlli oculistici frequenti, in caso di progressione si può effettuare il cross-linking, il quale viene utilizzato per bloccare il cheratocono e consiste nella fotopolimerizzazione delle fibrille dello stroma corneale, alterato in questa malattia, con lo scopo di aumentarne la rigidità e la resistenza allo sfiancamento della cornea; ciò si ottiene grazie all’azione combinata di una sostanza fotosensibilizzante (riboflavina o vitamina B2) e fotoassorbente con l’irraggiamento mediante luce ultravioletta da illuminatore in stato solido di tipo UVA.

Nel secondo e nel terzo stadio lo sfiancamento della cornea è maggiore per cui gli occhiali possono non essere sufficienti e bisogna ricorrere quindi all’uso di lenti corneali a contatto o ad interventi non molto invasivi come:

  • il cross-linking;
  • l’inserzione di anelli intrastromali, che sono elementi di materiale sintetico che inseriti nello spessore della cornea tendono a regolarizzarne la superficie migliorando la capacità visiva;
  • la cheratoplastica lamellare è un trapianto parziale di cornea, per cui si sostituisce parte di cornea malata con tessuto sano proveniente da donatore.

Nel quarto stadio, trovandosi di fronte ad una esagerata deformazione della cornea con concomitante suo assottigliamento, perdita di trasparenza e drastica riduzione del visus, la strada percorribile è il trapianto corneale.

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